Un interessante articolo apparso sulla rivista Terra Ticinese
Anno 42 N. 1
Il percorso della Via Crucis nel Luganese
Aldo Morosoli
In parecchi villaggi è ancora dato vedere quel grande patrimonio religioso e artistico che è la Via Crucis. Lo trovi accostato al sagrato delle chiese o costruito sul dorsale di ripide colline, a richiamare l’origine del Calvario. Cammino carico di testimonianze visive, realizzate e strutturate per essere vissute. Infatti la fatica nel percorrerle legata al pensiero del dolore imposto a Gesù, aveva coniato il detto “è una via Crucis” quando per circostanze varie l’uomo era confrontato a difficoltà di salute, di lavoro o famigliari.
Il raffronto calzava. Resta comunque primordiale l’interpretazione religiosa, vissuta nei secoli scorsi nel periodo nel quale la Chiesa propone all’uomo le settimane della Quaresima.
Conta quattordici cappelle o “stazioni”, la prima segnata dal dipinto della condanna a morte di Cristo. Terminano con la sua deposizione nel sepolcro. Alcune sono belle interpretazioni degli esposti evangelici. Altre tracciate dalla devozione popolare. Un esempio: la cappella con la Veronica che asciuga il viso a Gesù è legata alla tradizione che riporta a noi la memoria del “Sudario” deposto ancora oggi a Torino.
La loro istituzione
Il frate domenicano Rinaldo di Monte Crucis, nel 1294 racconta il proprio impegno salendo al Santo Sepolcro e istituendo varie tappe che chiama “stationen” o fermate che descrivono i vari eventi vissuti e interpretati seguendo il dire evangelico fino alla morte sulla Croce. Questa iniziativa del frate era circoscritta nelle chiese dei religiosi Minori,
Osservanti e Riformati. Successivamente Papa Clemente XII la estese per la Chiesa intera. Decisione che si rivelò prolifera al punto che il Papa successivo – Benedetto XIV –
la limitò in maniera drastica.
Oggi le chiese dispongono di un segno visivo detto “via dolorosa” collocato sulle pareti interne. Una sequenza di 14 oleografie o dipinti murali, altresì di piccole croci in legno, talvolta di buona fattura.
Le nostre Vie Crucis
Sono percorsi che esulano completamente dalle cappelle votive. Presentano un altro contesto religioso. Non una diversificazione di piccole strutture votive, ma altre intenzioni, altro scopo. Opere che segnano in modo specifico il desiderio di una comunità parrocchiale o del cammino francescano come quelle del Bigorio o di Locarno. In esse non c’è segno di Madonne e Santi dipinti o di ex-voto popolari. Unicamente presentano un tema corale, che raggruppa nelle 14 costruzioni l’evento del Calvario.
Questo assieme trova il proprio spazio e apice nel corso della Settimana Santa. Tema religioso di meditazione come ancora avviene a Carona, nella struttura che conduce al piccolo santuario della Madonna d’Ongero. I fedeli con il parroco percorrono meditando il cammino, soffermandosi davanti a ogni cappella. Un viaggio dello spirito
La “salita” di Bidogno
Questo percorso è un’opera unica, definita dagli esperti tra le più significative dell’intera fascia lombarda e a non far dubbio la più bella del Ticino. L’inizio è posto ai piedi delle ultime abitazioni nella parte alta del villaggio. Immersa in un contesto agricolo montano assai tranquillo, conduce il camminatore al culmine della collina dove è stato costruito il piccolo santuario della Divina Maestà.
L’idea di realizzare questo percorso porta l’impronta di una persona semplice, ma dalle grandi intuizioni. La sua mente, ognora rivolta al bene spirituale dei propri parrocchiani, si fonde nel Vangelo interpretato in maniera pratica, visiva, che calza perfettamente per chi faticava sulla montagna soprastante. Il parroco don Carlo Sarinelli il quale nel 1756 coinvolge tredici casati del villaggio. Penso che l’idea, permeata da un briciolo di rivalità tra le famiglie, sia stata accettata con entusiasmo.
La quattordicesima cappella fu finanziata dal Prevosto stesso come risulta dall’atto dell’11 marzo 1756 deposto negli archivi di Bidogno. Grande l’impegno di questo sacerdote che, presago della prossima morte (27.02.1758), operò incessantemente per l’avanzamento dei lavori. La sua mente, dalle grandi aperture umane e artistiche, gioì quando i muratori e i lapicidi deposero gli attrezzi. Il pittore iniziò a disegnare gli affreschi, benedetti con sollievo dal Prevosto poco prima della sua morte.
Notevole l’attenzione rivolta al complesso architettonico, realizzato unicamente in pietra. L’iniziale preparazione del camminamento con una serie di colmature per ottenere un regolare dorsale fu assai impegnativo. La pietra usata sia per le cappelle che per il selciato è tutta locale, ricavata da massi erratici e nel soprastante alveo del fiume Bello.
Importante il contributo di numerosi scalpellini, lapicidi e muratori capriaschesi. Uomini di grandi intuizioni e conoscenze come ben si nota nelle due ultime cappelle poste sul lato sinistro. Le strutture superiori restano dei piccoli capolavori di scultura eseguite da loro.
A distanza di 150 anni, nel 1908, il parroco don Giuseppe Carò in uno al Consiglio parrocchiale, intraprese il primo restauro generale. Altri interventi successivi, specie sulle pitture seguirono a scadenze regolari. Oggi l’opera conta ben 260 anni. L’ultimo restauro iniziato nel 2002 da Adriano Bocchi è risultato oltremodo positivo, specie nell’eliminare la grande umidità. Nel 2004 il pittore Umberto Favini di Milano, rifece integralmente le 14 stazioni oggi protette da lastre di cristallo. Pertanto questa Via Crucis rimane, a non far dubbio, una straordinaria realizzazione eseguita da persone che la motivazione e l’amore le portavano nel cuore.
La Via che porta al Convento del Bigorio
Un’altra opera la troviamo – sempre in Capriasca – sul dorsale che porta al Convento.
Nel 1797 i Religiosi di “Albigorio”, in occasione di una generale riattazione della strada, vollero, seguendo l’esempio di altri luoghi religiosi vicini e lontani, dare a questa viottola una spiccata nota di francescana religiosità, affinché il pellegrino, passando su di essa per recarsi a salutare la Madonna, allontanasse via via dall’animo suo tutte le infinite distrazioni terrene, onde giungere poi al monastero meglio preparato a compiere tutte le pratiche prettamente spirituali. In quell’anno, appunto, si costrussero e si frescarono le prime cappelle così dette della Via Crucis.
È un percorso particolare che diparte da uno spiazzo dove si trova la grande cappella iniziale la cui costruzione data nel 1798. Parte integrante dell’intero cammino, nel suo interno presenta la statua del Cristo in preghiera in grandezza naturale. Quindi inizia la sequenza della cappelle, costruite tutte sul lato destro del sentiero che ha un fondo in
acciottolato, cambia due volte direzione, facilitando l’ardua salita. Un cammino realizzato a gradinate, nello stile che ben si usava in Lombardia, con un susseguirsi di scalini appena accennati a conforto di chi sale. È di alto richiamo meditativo e spirituale, sorretto dalla poesia del bosco e dai grandi silenzi.
Un tracciato altresì percorso il giorno dell’Ascensione dalle tre processioni votive cha partivano da Tesserete, Sala con Ponte Capriasca e da Bidogno. Al termine della via, posta contro il muro del convento si erge la grande croce in legno di castagno che sulla parte superiore porta i simboli della Passione. Croce posata nel 1794 e rifatta a nuovo il
1° novembre 2015. Benedetta dal Vescovo Valerio Lazzeri, è forte richiamo di questo percorso penitenziale.
Tornando alle nostre cappelle, parecchi furono gli interventi pittorici e di restauro. La grande umidità del bosco che le circonda ha contribuito al loro degrado. Gli affreschi iniziali furono sostituiti da 14 altorilievi in ghisa colorata. Quindi nel giugno 1978, per iniziativa di Fra Roberto si progettò il loro risanamento. Scartata l’idea di rifarsi allo stile primordiale intriso di sentimentalismi alienanti, si scelse di inserire in graffito delle motivazioni che si riallacciano al Vangelo e interrogano l’uomo d’oggi nel concreto sui grandi problemi di fondo. Furono perciò coinvolti otto artisti regionali.
Salire questa via suscita pensieri particolari. Riporta alla memoria il vissuto dei cappuccini nel corso epocale di preghiere e penitenze. È stata per parecchi secoli la loro unica strada di accesso. Resta attualmente motivazione di preghiere
Le cappelle di Sant’Abbondio a Gentilino
Nel verde sagrato che circonda la chiesa e l’ossario, sono poste le 14 cappelle. Un percorso architettonico ben proporzionato pur se condizionato dalla ristretta superficie.
C’è un’armonia particolare, che esalta la presenza di questa Via Crucis, costruita nel 1758 “a senso del testamento del fu Francesco Barchetta di Barca, rogato a Milano il 13 dicembre 1749, vennero lasciate alla v. chiesa di S. Abbondio di Gentilino e Montagnola cantonali lire 1000 per la costruzione delle cappelle della Via Crucis in giro al sagrato della suddetta chiesa”.
Indubbiamente una forte testimonianza di fede e di amore per il proprio villaggio da parte del Barchetta, nato nelle vicinanze. Non si conosce il nome del pittore di allora. È possibile che vi abbia posto mano il Petrini di Carona che illustrò l’interno dell’ossario.
Altresì si può pensare a dei contributi del pittore Bartolomeo Rusca di Arosio e del promotore delle cappelle, l’artista Barchetta Francesco. Quindi nel 1934 il pittore Emilio Ferrazzini eseguì un intervento integrale che fu in seguito costantemente mantenuto su tutti gli affreschi.
La collocazione delle cappelle, l’assetto architettonico del complesso e quello dei viali alberati è tipico del Rinascimento e del Barocco. È una costante epocale. Perciò il percorso della Via Crucis è qui particolare in quanto si snoda su uno spiazzo pianeggiante.
Ciò si discosta dalla tradizione, ma nulla toglie allo scopo religioso. Felice altresì l’iniziativa dell’attuale parroco don Matteo Pontinelli che durante la Quaresima, settimanalmente alla sera si sofferma in preghiera assieme ai fedeli. Un vissuto meditativo che ancor più ne valorizza la struttura.
Il percorso di Carona
Il silenzio del bosco che avvolge il piccolo santuario della Madonna degli Angeli, notevole capolavoro dell’arte barocca costruito nel 1624, contribuisce ad ambientare il cammino penitenziale che degradando porta alla chiesa. Un tracciato di largo respiro, lastricato e acciottolato nella parte centrale.
Lateralmente stanno le 14 cappelle in muratura con il tetto a capanna. Intonacate di giallo, sono richiamo per chi si reca al santuario. La loro nicchia è vuota. Le 14 tele vengono ricollocate nel corso della festa degli Angeli e nella Settimana Santa. Decisione atta a salvaguardare i dipinti, che per l’intera annata sono depositati in chiesa.
L’assieme è armonioso allorquando le tele sono visibili e chiamate a raccontare la passione del Signore. Sono opera dell’artista caronese Tiziano Bernasconi, dipinte nel 1880. Il pittore nasce a Carona nel 1833. Fu persona di notevole capacità ritrattistica. Dipingendo nel silenzio, lasciò a noi numerose valide testimonianze. Ammirando le tele, che propongono visi e persone attivi nel villaggio, sorge la certezza di vivere l’evento pasquale al cospetto degli abitanti i cui visi sono permeati di dolore, rabbia e dolcezza. L’artista stesso è visibile nei panni del Giudeo che si accanisce sulla vittima. Un assieme popolare, valido, la cui memoria ancora coinvolge la comunità
La quale il pomeriggio del Venerdì Santo, si raccoglie davanti alle cappelle, percorre e vive il doloroso momento. Guidato dalla Croce penitenziale il parroco legge l’evangelo che coralmente viene meditato.
La rinnovata Via Crucis di Astano
Sul piccolo dorsale dove campeggia la bella parrocchiale dedicata a San Pietro, costruzione barocca del 1636, il luminoso sagrato ospita le 14 cappelle della Via Crucis, l’ossario e più sotto il camposanto. È luogo di notevole richiamo, incentrato sulla vita del villaggio malcantonese, i cui abitanti nei secoli trascorsi hanno interpretato l’arte sin nella lontana San Pietroburgo, capeggiati dai Trezzini, De Marchi e Morandi. Tornati nel villaggio nel 1815, arricchiscono il sagrato con le cappelle barocche, tutte uguali. La parte frontale bassa porta per tutte un cartiglio con inciso i nomi della famiglie che hanno finanziato l’assieme.
Un discorso architettonico armonioso, signorile. Scancellati dalle atmosfere i primi affreschi, si progetta il restauro. Con fermezza il Consiglio parrocchiale resiste a varie offerte commissionali cantonali. Accetta, con idea innovativa e originale l’offerta dell’artista Sandro Del Prete, originario di Astano, attivo a Berna. Lo stesso realizza un corpus
in bronzo, con la tecnica del bassorilievo formato da 14 stazioni suggestive, uniche nel loro genere inaugurate nel 2004. Sono da ammirare per la loro originalità, e presentano illusioni ottiche di alto prestigio artistico, la tecnica dell’inversione dell’immagine con simbologie particolari. L’artista accompagna il visitatore in un contesto nuovo offrendo a tutti noi un percorso penitenziale di elevata simbologia.
Nel chiostro di Pregassona
Al termine della costruzione della grande chiesa realizzata nel 1996 a Pregassona e dedicata a San Giovanni Battista e Massimiliano Kolbe, l’artista Giancarlo Tamagni realizzò una Via Crucis assai singolare. Un discorso nuovo che si sviluppa sulle pareti del chiostro, sorretto da immagini – non molte, ma significative ed essenziali – intercalate dalle didascalie in bassorilievo.
È un cammino innovativo che impegna notevolmente nella lettura delle frasi incise sulle pareti. La colorazione delle poche immagini è realizzata con la dominanza del bruno,
ciò che suggerisce mestizia e afflizione. Percorrendo le quattro pareti la mente e forzatamente invita a un profondo pensiero meditativo.
Da Comano al colle di San Bernardo
Sul percorso che a monte del villaggio sale alla collina e all’eremo di San Bernardo, nel maggio del 2011 sono state inserite 14 stazioni a segnare la nuova Via Crucis, voluta da una Fondazione e in seguito donata al Comune. Un cippo, posto a lato della prima dice:
Nag Arnoldi, scultore – Giampiero Camponovo, architetto – 2011. La struttura delle stazioni è assai emblematica, difficile da interpretare. Si avvale di un telaio basato sul terreno, vari tralicci verticali e una parete. Il tutto realizzato in ferro, attualmente corroso dalla ruggine. Applicati ai montanti stanno i bassorilievi gettati in bronzo dall’artista locale Nag Arnoldi. Assai esplicativi, originali e di facile lettura. Un’opera di buona caratura che a nostro giudizio sarebbe stata assai valorizzata se inserita in una rustica parete di pietra più armoniosa con il tema, il bosco e meno fuorviante.